di Milena Screm, Counselor Supervisor Trainer

"I social hanno minato i rapporti umani. Non sappiamo più stare con gli altri, manifestare i sentimenti. Siamo terrorizzati dall’idea di non riuscire. Sui telefoni corre una violenza difficile da gestire. Manifestare una propria idea è faticoso.”


Chi ha fatto queste affermazioni è Benedetta Porcaroli, giovane promettente attrice italiana.

Le sue parole esprimono una realtà percepita da molti e che si è inasprita con la recente pandemia.

Il digitale nelle sue forme dilaga nelle vite di tutti noi, offrendo strumenti e opportunità e, anche, plasmando le abitudini; in entrambi questi aspetti esistono rischi, oltre che occasioni.

La pandemia ha attraversato il mondo come uno tsunami e ha travolto, stravolto, cambiato tante cose; soprattutto è stato un evento tragico per le persone, e la sindrome da stress post traumatico è ben visibile. Si manifesta con tensione, irritabilità, aggressività ingiustificata, intolleranza: meccanismi che parlano dello stato di allerta nel quale la persona vive e che non ha necessariamente a che vedere con pericoli reali. La fisiologia si è cablata sulla “risposta attacco” a causa delle infinite ansie, paure, preoccupazioni vissute da marzo 2020.

C’è anche molto altro, ma lo scopo di quest’articolo non è fare un’analisi sociologica di ciò che stiamo vivendo; piuttosto di stimolare riflessione e cercare una direzione costruttiva.

Rapporti umani minati, difficoltà a stare con gli altri, esprimere le proprie opinioni e manifestare i propri sentimenti …

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Già nel 2015, il filosofo britannico Roman Krznaric, ex docente di Cambridge e fautore della creazione de “Il Museo dell’Empatia” (Londra), metteva in luce sul fatto che esistevano chiari segnali che l’essere umano stava perdendo la capacità di comprendere lo stato d’animo e le ragioni dei propri interlocutori. A suo parere, il narcisismo dilagante degli ultimi decenni e il proliferare delle tecnologie, sono terreno fertile per l’egocentrismo e allontanamento dalle relazioni personali. Solo pochi anni dopo, gli eventi intorno al Covid-19 hanno indubbiamente inasprito queste tendenze.

Che fare?
Adattarsi a tutto?
Rifugiarsi nello slow living o il cottagecore, stili di vita appartati, semplici, minimalisti?

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Prima di muovere verso le possibili risposte, osserviamo un’altra caratteristica del tempo attuale: mai come ora – questo grazie anche al digitale e alla comunicazione di massa – si parla si scrive, si enfatizza l’importanza delle competenze trasversali nella vita e nel lavoro.
Un vero paradosso.

Nel 1948 l'OMS Organizzazione mondiale della sanità definisce un nuovo concetto di “salute”: non si tratta più di semplice assenza di malattie ma di uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Da questa visione si aprì una gamma di considerazioni che non riguardavano solo la sanità pubblica, ma molte altre strutture sociali, oltre alla responsabilità della singola persona.

1986, Ottawa, “Primo Congresso Internazionale sulla Promozione della Salute”: 200 partecipanti provenienti da 38 paesi, condivisero esperienze e informazioni sulla promozione della salute, stimolando il dialogo tra operatori sanitari, politici, accademici, volontari e organizzazioni civili. L'obiettivo era un documento che avesse come orizzonte la salute comune per tutti entro l'anno 2000: fu redatta la “Carta di Ottawa”.

Sulla scia di queste tendenze, nel 1993 l’OMS pubblicò quali erano da considerare le competenze/abilità necessarie per affrontare le sfide e le difficoltà generali della vita umana, dal punto di vista della visione di salute definita negli decenni precedenti. S’iniziò a parlare di “skills for life” e di “soft skills”, per distinguerle dalle “hard skills”, le competenze tecniche.

Tra le 10 skills for life definite dall’OMS, la n° 5 afferma: “Competenza Relazionale, ossia la capacità di relazionarsi con gli altri in modo costruttivo, creando e mantenendo relazioni positive e significative in ambito familiare e sociale. Quest’abilità incide fortemente sul benessere psicofisico e sociale. E’ anche la capacità di porre fine alle relazioni in maniera costruttiva.”
La n° 7: “Empatia, intesa come la capacità di ascoltare e di immedesimarsi negli altri per comprenderli nei loro sentimenti, pensieri, preoccupazioni e difficoltà. Contribuisce a migliorare le relazioni sociali ridimensionando le tendenze individualistiche e narcisistiche e favorendo l’apertura alla diversità e allo scambio, la disposizione al contatto umano e alla solidarietà.”

Il percorso comunicativo iniziato può essere completato iniziando a considerare come una risposta, tra quelle possibili, alle difficoltà comunicative e relazionali attuali, il porre attenzione e mobilitare glow up sugli aspetti empatici delle relazioni.

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Detto/Fatto?

No.
E’ necessario ampliare la propria mappa cognitiva su questo tema, che chiama in gioco anche un’abilità di fondamentale importanza, l’Intelligenza Emotiva.
Siccome ci sono di mezzo le emozioni, che le persone provano quando comunicano e sono in relazione, un’empatia funzionale ed efficace richiede, oltre alla conoscenza teorica, anche e soprattutto interiorizzazione, esperienza vissuta e elaborata.

COSA: Cos’é l’Empatia
Relazione Empatica: COME
QUANDO: In quali contesti e situazioni
CHI: Persone empatiche
PERCHE’: Benefici di un’attitudine empatica

L’EMPATIA è una competenza trasversale utile negli ambienti di lavoro?

E nella vita privata?

COSA
La parola "empatia" deriva dal greco antico “εμπαθεία”, “en” (dentro), e "pathos" (sentimento o affetto).
E' la capacità di percepire lo stato d'animo altrui, di sentire ciò che l'altro sta sentendo, distinguendo.
Oggi è considerata una risorsa nelle relazioni tra esseri umani, poiché favorisce una comunicazione autentica e profonda.

COME
A) Con Intelligenza Emotiva: consapevolezza e gestione delle proprie emozioni, in prima istanza; non si acquisisce dalla lettura di un libro né dalla frequenza a un corso, richiede molto di più.
B) Con "confini": saper distinguere le proprie sensazioni ed emozioni da quelle dell'altro. Basta una frase a esporre il concetto, ci possono volere molti anni prima di sviluppare una personalità con “confini” consapevoli e sani.
C) Con predisposizione, nello scambio comunicativo, all'ascolto non valutativo, focalizzato sulla comprensione dei sentimenti e dello stato d’animo dell'altro.
D) Con sensazione & cognizione: sento, decodifico, comprendo. La facoltà del sentire è collegata alla fisicità, oltre che al focus mentale: abiti il tuo corpo? Lo ascolti? La tua mente è in grado di dare un nome a ciò che senti?
E) Con rispetto. Un sistema valoriale che fa da fondamenta.

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QUANDO
Nonostante che in ogni ambito di lavoro sia necessario raziocinio, non è possibile trascurare anche aspetti che riguardano l'essere umano che agisce il proprio ruolo professionale.
Capo, collega, sottoposto, noi stessi, possiamo aver bisogno di un momento comunicativo e relazionale più "caldo", qualche volta.
Sentirsi capiti e accolti fa bene.
Le stesse considerazioni, a volte di certo affettivamente più coinvolgenti, valgono anche riguardo alle proprie relazioni private.

CHI
L'empatia è una risorsa del "sentire", appartiene al genere umano. In modi differenti, perché nonostante tutti i bambini siano empatici, le caratteristiche delle biografie personali, fanno modulare l’empatia con variabili diverse nello stesso bambino diventato adulto. Le ricerche scientifiche affermano che una persona su cinque è enpatica in modo rilevante.
Bisogna inoltre considerare che, da secoli, nella nostra cultura sia stata favorita soprattutto la risorsa "pensare".
In realtà servono entrambe, sia nella vita privata, sia in quella professionale.
Sono da utilizzare con consapevolezza, attenzione, competenza.

Quattro parole chiave sull’empatia.
1. Neuroni specchio. I ricercatori hanno scoperto un gruppo specializzato di cellule cerebrali che sono responsabili della compassione, intesa come partecipazione del sentire. Queste cellule permettono a tutti di rispecchiare le emozioni di un'altra persona, il dolore, la paura o la gioia. Grazie ai “neuroni specchio” (1992, Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato) siamo profondamente in sintonia con i sentimenti altrui.
2. Campi elettromagnetici. Le recenti ricerche delle Neuroscienze hanno comprovato che sia il cervello sia il cuore generano campi elettromagnetici; questi campi trasmettono informazioni sui pensieri e le emozioni delle persone. Lo stato di “coerenza mente-cuore”, favorisce la consapevolezza e la sintonizzazione di queste frequenze.
3. Contagio emotivo. Le ricerche scientifiche dimostrano che molte persone percepiscono le emozioni di coloro che li circondano. Per esempio, un bambino che piange farà scattare un'ondata di pianto in un reparto ospedaliero; oppure una persona che esprime ad alta voce l'ansia sul posto di lavoro in genere genera un’atmosfera altrettanto ansiosa. La consapevolezza e la gestione delle emozioni e dello stress sono strumenti di fondamentale importanza nella realizzazione del concetto attuale di salute.
4. Dopamina. La dopamina é un neurotrasmettitore che aumenta l'attività dei neuroni ed è associato con la risposta piacere. La ricerca ha dimostrato che chi è empatico ha bisogno di meno dopamina per sentirsi felice, rispetto a chi lo è meno. E’ possibile imparare a gestire parte della propria neurofisiologia, grazie alla conoscenza cognitiva e all’utilizzo di semplici tecniche. Le Neuroscienze offrono informazioni e strumenti.

Nella parte iniziale di quest’articolo, è stato evidenziato come l’aggressività e lo stato di conflitto siano tratti sempre più diffusi e di difficile gestione nelle relazioni attuali. Serve quindi ricordare che l’empatia è anche il cuore dell’approccio alla comunicazione non violenta, i cui principi furono applicati nel vertice di pace in Medio Oriente di Camp David (USA), nel 1978, tenendo conto del lavoro dello psicoterapeuta Carl R.Rogers, padre del Counseling. Approccio che, successivamente, fu approfondito e ampliato degli studi del suo allievo Marshall Rosenberg.

Secondo Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama,"L'empatia è la più preziosa qualità umana."

Possiamo fluttuare nell’esistenza, osservandone i problemi, lamentandoci, aspettando che qualcuno/qualche cosa cambi lì fuori.
Un’altra scelta è decidere la direzione che vogliamo seguire noi, aldilà del mondo: camminare con sensibilità, cura e attenzione, a noi stessi, agli altri, alla Vita.

 

 

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